Storie in viaggio 5
Un’oasi inaspettataDa cosa si capisce se un viaggio parte con il piede giusto? Io d’indizi ne ho avuti parecchi: un arrivo in aeroporto super veloce, un controllo di sicurezza inaspettatamente facile (ed educativo), una colazione al bar in cui ci siamo strafogati e ricordi di vecchi viaggi. Beh, ora finalmente siamo nella zona dei gate. E se il mio ragazzo smette di mangiare riusciremo anche a salire sull’aereo. Prima, però, ci sono ancora tante scoperte sorprendenti da fare qui in aeroporto.
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Ahimè, anche oggi non posso fare altro che restarmene in silenzio mentre do un ultimo sguardo carico di rimpianti al mio toast. Affranta gli mugugno di aspettarmi e mi dirigo verso il bagno con la testa piena di visioni di toast giganti che danzano. È un bagno nuovo, in una zona che non conoscevo, restaurata recentemente. Mentre apro la porta sto ancora visualizzando piscine strapiene di formaggio e, quindi, non mi rendo subito conto della situazione surreale che mi si para davanti. Diciamo che uno quando entra in bagno non ha grandi aspettative: entra, esce e ciao. Per questo motivo tutto potevo aspettarmi tranne questa specie di oasi del pot-pourri profumata meglio di un prato fiorito, con una musica lounge in sottofondo tipo locale più cool della città.
Ci sono così tanti specchi che posso vedermi anche la nuca, ganci per le borse, fasciatoi, luci, ancora profumo. Sono talmente confusa da tanto comfort che improvvisamente rivaluto tutta la mia vita. Questa è la normalità? Vado nel panico pensando che fino a quel momento ho vissuto in una specie di giungla urbana in cui il bagno pubblico è, più o meno, l’ultimo terribile livello da superare del gioco della vita. Poi però mi calmo perché mi rendo conto che il mondo sta cambiando, si sta evolvendo, e questo bagno è la prova che siamo finalmente sull’orlo della rivoluzione delle toilette che da buco nero si trasformeranno a piccole hall del Grand Hotel de Paris. Nonostante ci passerei la vita (e le vacanze) qua dentro, riesco fuori pensando che forse, dopo una sosta di un quarto d’ora, il mio ragazzo potrebbe essersi preoccupato. Macché, lui sta ancora mangiando placidamente, ignaro del mio viaggio in un bagno chiamato Narnia. “Andiamo?” gli chiedo io. E lui risponde: “Mi aspetti un attimo che vado a prendere un altro toast?”